martedì 5 agosto 2014

povero NONNO quasi APOLIDE in questo MONDO...


Capita, sì capita quando hai appena attraversato il semaforo all'altezza dell'edicola di piazza San Michele a Cagliari e cammini sul lato sinistro della San Michele verso piazza Sant'Avendrace, poi senti una vocina e una bimbotta tutta pepe e magrolina, capelli ricci e sorrisone, si strappa dalla nonna e corre verso il semaforo gridando NONNOOO... E lo vedi il NONNO ha appena attraversato anche lui dallo stesso semaforo, anche lui con un giornale in mano, e con la testa alzata e un sorrisone tanto... (la nonna, abbandonata con tutti gli anni in vista e le borse piene della spesa, aspetta paziente).
 
E siccome capita nel giorno sbagliato ti senti pure una merda e ti chiedi se ne valeva la pena e se per caso non hai tutto sbagliato nelle tue scelte di vita di emigrante nei sentimenti, nei valori e negli affetti. La vita di oggi in effetti è complicata io nonno in un certo senso lo son già stato quando i miei due figlioli avevan pochi anni e arrivavamo spesso al Lido degli Estensi, nella provincia di Ferrara comune di Comacchio e di lidi ricchi di zanzare e di grandi (allora, anni 1972/80) spazi.
 
Un gruppo di conoscenti ci avevan coinvolti in una specie di coop (Santa Monica) per comprare un villetta, un quarto di villetta 29 mq sotto 29 mq sopra 120 mq giardino sui 2 lati, a lato del cancellotto, un pino e una magnolia. Combinazione uno zio, generoso, mi aveva prestato i soldi per l'anticipo dell'appartamento (stile coop) in Bologna e, siccome non me li chiedevano mai, li misi in quella specie di scommessa. Ed eravamo un bel gruppo di famiglie e con una pattuglia di neonati che erano via via cresciuta sempre più numerosa e io ero spesso al centro dell'interesse. E il motivo c'era, arrivavano in pattuglia mentre io stavo seduto nel giardinetto finché uno di loro, di solito un peperino di bimba, faceva la domanda di rito: ce la fai vedere, e quello da vedere era quello splendido pezzo di plastica che dal ginocchio mi completava la gamba destra.

Era la rottura abituale del ghiaccio, poi si completava il rito, caricavo tutti sulla mia Renault dentro e sopra il tetto nel portabagagli e andavamo a spasso per i lidi pregando il dio degli incoscienti e dei pazzi di non incontrare qualche rarissimo vigile o magari finanziere a caccia di trafugatori di reperti della vicina Spina. A proposito di Spina, all'inizio per ispezionare il territorio volevamo (noi, la sacra famiglia legittima) sapere dov'era questa Spina e così chiedemmo a un ragazzotto indigeno cosa ci fosse a Spina e quello, da bravo comacchiese, rispose c'è la FINANSA!



Con gli occhi di oggi allora ero il NONNO, perché di solito i padri completamente e normalmente abili avevano altro da fare, magari dar calci al pallone in branco. E i nonni che conoscevo io, come quelli materni da grande famiglia (20/24 persone), erano altro, erano quelli che godevano del rispetto della tribù. Mia nonna IUSFINA non giocava con i nipotini o nipotoni, mio nonno Fita ogni tanto mi caricava sul biroccino e andavamo, in  assoluto silenzio, a Imola al mercato e io lo aspettavo per il ritorno nella piazzetta degli UOMINI, in rispettoso silenzio. Poi c'erano i CUGINI e in fondo i giochi eran con loro distribuiti, come data di nascita, fra il 1928 e il 1946 con tutti i vantaggi e i problemi del caso.

Ma poi come si fa ad esser NONNO in una città fatta di asfalto, semafori e simili cose. Si forse ai giardini pubblici, come i GIARDINI MAGHERITA di Bologna, ma da noi i giardini non son roba per qualunque.

O forse è solo una scusa dettata dalla paura di vederli, sti nipotini touschare via veloci su quel coso che ancora non son riuscito a domare.