domenica 17 maggio 2015

E con il SABATO il rito del caffè...

 
 
 
Un sabato c'era l'acconto e il sabato successivo c'era il saldo con dentro tutti gli straordinari, così due volte al mese mio padre provvedeva a prepararsi la miscela quasi BREVETTATA. Già perché la spesa richiedeva qualche acquisto meno solito, ma fondamentale per lui, ché normalmente alle 5 e 30 si alzava per prepararsi con calma, con le rituali abluzioni e la rituale colazione e la preparazione del pranzo che si portava dietro. Infatti non  si poteva mai sapere dove doveva andare a scavare o colmare buche per consentire ai tecnici della municipalizzata triestina ACEGAT di procedere alla manutenzione di tutto ciò che era collegato ad Acqua Gas Elettricità e Tram.

Lui e gli altri manovali dipendevano dall'aziendina che aveva vinto l'appalto e, se erano "bravi", l'appaltante li teneva, altrimenti perdevano il posto. Mica erano LAVORATORI protetti, figuriamoci se il Sindacato si preoccupava di loro a meno che non ci fosse SCIOPERO GENERALE e allora sì che arrivava il Sindacato per compensare e attutire le lagne delle mogli che con la trattenuta si scombinava tutto il bilancio famigliare.
 
Già il caffè quotidiano era un rito, una cucumona da due litri  piena  d'acqua fino a meno di tre quarti, portata a bollore sul gas e l'aggiunta di tre belle cucchiaiate di miscela. Mescolare poi per un po' di minuti così da evitare che lo schiumone tracimasse e infine l'aggiunta, a colmo, di acqua fredda e dopo un quarto d'ora di pace così finalmente la sbicia era pronta da bere con l'aggiunta di una robusta pagnotta asciutta.
 
Ma due volte al mese bisognava preparare la miscela: 1 chilo di caffè in grani da macinare (altri vicini partivano dal caffè ancora verde da tostare e l'odore riempiva tutto lo spazio chiuso dai 6 condomini, caffè che proveniva spesso da extra dogana), 500 grammi di orzo tostato e macinato e due scatole di prezioso FRANK, il tutto mescolato sul marmo del tavolo di cucina con preziosa attenzione.
 
 
 

 
Certo verrà da sorridere a quanti alla mattina non possono evitare di passare dal bar, per mio padre era già un qualcosa di tutto suo, senza sofferenze o invidie, poi ci salutava erano ormai le sette, ora che tutti fossimo in piedi.

LUI usciva e con borsone a spalla con scarponi, maglia e calzini di ricambio (picconare crea sudore), la GAVETTA con il pranzo, scarpinava per arrivare al deposito da dove avrebbe saputo cosa regalava la giornata, forse anche qualche ORA DI STRAORDINARIO... (c'è sempre qualche imprevisto con due figli ormai adolescenti).
 
CIAO BABBO BRUNO...

2 commenti:

  1. Ciao babbo Bruno ... Lucia

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    1. Grazie Lucia, nei tuoi ricordi giovanissima c'eravamo in tanti. L'Italia, e anche la Sardegna l'han fatta LORO.

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